La luce che plasma la materia, trasfigurandola fino a rivelarne l’essenza, l’intima appartenenza ad un ciclo di vita e di morte, di creazione e distruzione, tra misticismo e panismo: è questa la cifra distintiva della fotografia di Antonio Biasiucci. Un chiaroscuro denso, teatrale, che inevitabilmente si richiama a Caravaggio e ad una certa tradizione pittorica del Seicento partenopeo; ma anche una luce-demiurgo platonica, che trasforma la materia preesistente in forma ideale e simbolica, attraverso un dialogo serrato con lo sguardo e l’esperienza dell’autore. Una fotografia che non ha fini documentari, dunque; un' “arte ambigua” che rinnega i tradizionali concetti di tempo e di luogo collocandosi in una dimensione lirica di perenne inattualità, rifiutando la corporeità dell'oggetto così come ci appare e trasformando quest'ultimo in una traccia, un segno di ciò che si cela dietro la semplice apparenza. Eppure il soggetto non è mai un pretesto, il punto di partenza è sempre un interesse personale dell'autore e, anche nel caso dei Cristi lignei di Rapallo, la scelta non è casuale: già in passato, nel lavoro intitolato “Res”, Biasiucci aveva avuto modo di confrontarsi con la tradizione iconografica del Cristo crocefisso, lasciando che s'intrecciasse progressivamente con la propria biografia, con la forte suggestione cattolica di un'infanzia da chierichetto trascorsa a Dragoni, un piccolo paese del casertano. E' questo stesso atteggiamento, insieme reverente ed intimo, che caratterizza l'approccio del fotografo nei confronti dei sei crocefissi lignei conservati nell'Oratorio dei Bianchi di Rapallo, il tentativo di instaurare un dialogo alla pari, alla ricerca di un rapporto quasi di confidenza. “Ad un certo punto ho avuto la sensazione di parlare con una comunità di persone”, confessa “una conversazione via via più sentita e personale, al punto che alla fine ho avuto quasi l'istinto di accarezzare quelle statue alle quali la mia immaginazione aveva, in un certo senso, dato vita”. Scatto dopo scatto l'immagine di Cristo si spoglia, dunque, di ogni convenzione rappresentativa e simbolica, viene reinterpretata attraverso il ricorso sapiente ad un’inquadratura eccentrica, spiazzante, nella quale il punctum si sposta imprevedibilmente su un dettaglio insignificante (talvolta ai limiti del riconoscibile) che emerge dal nero primigenio dello sfondo. Una questione di approccio, dunque: “l'approfondimento fa emergere la diversità”, ricorda il fotografo, forte di quell'antica saggezza contadina che fa diffidare dalla semplicistica filosofia dell' “usa e getta”. Ma anche una questione di metodo, quello mediato dall’amico e maestro Antonio Neiwiller, silenzioso, lento, estatico, ripetitivo ai limiti dell'ossessivo. Sulla scia del recente "Ex voto", ultima fatica creativa dell'autore, è nuovamente un oggetto votivo a dialogare con l'obiettivo di Biasiucci, che non esita a metterne a nudo la complessa ambiguità, tra materiale e spirituale, tra sacro e profano. Il risultato è una serie di immagini intense e commoventi, nelle quali coesistono la dimensione terrena dell'uomo e la sua aspirazione all'eterno: un viaggio alla scoperta della misteriosa dicotomia tra origini e catastrofe che governa le vicende umane. Ma anche un racconto privato, quello dell'intima relazione dell'autore con i Cristi lignei di Rapallo e con l'atmosfera magica e rarefatta del luogo che li custodisce. “Uno degli stimoli a fotografare è il mistero che avvolge il soggetto”, ammette Biasiucci; e prosegue “la fotografia è per me un modo per compensare le perdite, per scoprire la vita”.

Chiara Bonomi, storica della fotografia

Light shapes the material, changing it till showing its essence, the intimate belonging to a life and death, creation and destruction cycle, between mysticism and spirit of nature: that’s the main trait of Biasiucci’s photography. The plastic theatrical chiaroscuro recalls to Caravaggio and to a tipical tradition of the painting of the XVII century of Naples; but also a Platonic light which transforms the preexhisting material into an ideal and simbolic form, throught a close dialogue between the author’s eyes and experiences. A photography which doesn’t aim to documentation, an “ambiguous art” which denies the time and space traditional concepts, placing itself in a lyrical dimension of everlasting outdateness, refusing the corporeity of the object as it appears and transforming this impression into a trace, a sign of what is hidden behind the simple appearence. But the subject has never been an author’s pretex, the starting point is alway an author’s personal interest, also in the wooden Cristis of Rapallo; it has never been a causual choise yet already in the past, the work whose name is “Res”, Biasiucci could compare the crucifixed Cristo iconographic tradition and at the same time let this tradition come in contact with his life, with the strong catholic suggestion as altarboy in his childhood in Dragoni, a little village near Naples. It’s just this behaviour, together intimate and respectful, which is properly of the photographer approach with the wooden crucifixes hung in the Rapallo Oratorio dei Bianchi, trying to found as man to man dialogue looking for a confidential relationship. “At a certain point I had the sensation to talk with a community of people” he confesses “a conversation more and more intimate and personal, as felt as at the end I had the instinct to fondle the sculptures with which my imagination was talking with”. Shot by shot the Cristo images strip of every representative and symbolic convention, it is interpreted again having the expert recourse of an eccentric, puzzled view where the punctum moves in an unforeseeably way on a negligible detail (sometimes the audience can not recognize it) which comes out from the primitive black background. It is an approach matter: “Deepening let differences come out” the photographer remembers, relyed on the ancient country knowledge which mistrustes of the simple “use and throw”. But it is also a method matter, as his friend and master Antonio Neiwiller teaches, silent, slow, estatic, as repetitive as almost obsessive. As the recent “Ex Voto”, his last creative effort, again a votive object come in contact with Biasiucci objective, who doesn’t esitate to show the complex ambiguity between material and spiritual, between the sacred and profane. The result is a serie of intense and touching pictures in which the earth dimension of men and his aspiration to the eternal live together: a travel discovering the mysterious dichotomy between origins and catastrophe which leads the human facts. But also a private tale, the one of the intimate author’s relation with the Rapallo wooden Cristis and with the magic and rarefied athmosphere they are holden in. “One of the prick to take photograph is the mistery surrounding the subject” tells Biasiucci and adds “in my opinion photography is a way to make up the lack of what is lost and to discover life”.

Chiara Bonomi, photography historian



     
© luca mori 2007